È noto che il lavoratore subordinato può essere chiamato a svolgere la sua attività in un luogo diverso dalla sede di lavoro e che, in tali casi, si possono configurare due diverse situazioni: la trasferta e il trasfertismo.
Nel caso della trasferta permane un legame del dipendente con l’originario luogo di lavoro, di cui si verifica un mutamento solo temporaneo, normalmente sulla base di un provvedimento datoriale identificabile. Purché sia temporaneo, poi, non rileva che tale mutamento abbia avuto una durata apprezzabile nel tempo, a condizione che il lavoratore prima o poi rientri nella sua sede di lavoro. Viceversa, si parla di trasfertismo quando i dipendenti per contratto sono obbligati a svolgere un lavoro itinerante, in luoghi sempre variabili e diversi (ad es. i cantieri), e neppure è possibile individuare un “normale” luogo di lavoro.
Spesso, in concreto, non è agevole distinguere il trasfertismo dai casi in cui il lavoratore effettua trasferte in modo continuativo pur mantenendo un legame con la sua sede di lavoro, e tali incertezze interpretative hanno generato un notevole contenzioso, soprattutto con gli enti previdenziali.
La corretta distinzione tra trasferta e trasfertismo, infatti, ha delle ricadute rilevanti, anzitutto perché l’inquadramento della fattispecie concreta nell’una o nell’altra categoria determina un diverso trattamento dal punto di vista fiscale e contributivo. Nello specifico, il Testo Unico delle Imposte sui Redditi prevede per la trasferta “una esenzione entro determinati limiti giornalieri (importi che subiscono riduzioni proporzionali agli eventuali rimborsi delle spese per vitto e alloggio e, comunque, diversi a seconda che la trasferta sia effettuata in Italia o all’estero) nelle ipotesi di trasferte effettuate al di fuori del territorio comunale” e “una totale imponibilità sia delle indennità che dei rimborsi per le trasferte effettuate entro il territorio comunale, tranne i rimborsi per le spese di trasporto documentate dal vettore”. Un diverso trattamento è stabilito, invece, per le indennità erogate ai “lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi [N.d.A. trasfertisti], anche se corrisposte con carattere di continuità”, per le quali è prevista “una imponibilità al 50% a prescindere dal loro ammontare”.
Per definire l’ambito di applicazione del trattamento dei trasfertisti, nel 2016 il Legislatore italiano ha emanato una norma di interpretazione autentica, con la quale ha chiarito che, ai fini in questione, sono considerati “trasfertisti” i lavoratori “per i quali sussistono contestualmente le seguenti condizioni: a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro [N.d.A. intendendosi per tale il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa e non quello di assunzione, visto che possono non coincidere]; b) lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente [N.d.A. e, quindi, lo spostamento costituisce contenuto ordinario della prestazione di lavoro]; c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta”.
I presupposti sopra indicati devono coesistere tutti contemporaneamente e, in mancanza, alle indennità e alle maggiorazioni corrisposte ai lavoratori che svolgano la loro attività fuori dalla sede di lavoro (nella ricorrenza delle altre condizioni previste dalla legge) deve comunque essere riconosciuto comunque il trattamento previsto per la trasferta.
Con il messaggio in commento, infine, l’INPS, oltre a riepilogare nei termini sopra indicati lo stato dell’arte in materia di trasfertismo, ha anche chiarito – facendo suoi gli insegnamenti delle sentenze più recenti della Cassazione – che “l’eventuale continuatività della corresponsione del compenso per la trasferta non ne modifica l’assoggettabilità al regime contributivo (e fiscale)” previsto per i trasfertisti.