Il Tribunale di Napoli, con una recentissima pronuncia del 17 luglio 2020, ha statuito che, anche alla luce di quanto disposto dall’art. 91 d.l. 17 marzo 2020, n. 18 e dall’art. 9 d.l. 8 aprile 2020 n. 22, è possibile ottenere un differimento dell’esecuzione del piano del consumatore già omologato senza la necessità di un previo coinvolgimento del ceto creditorio, e che, in ogni caso, prevale il dettato dell’art. 13, comma 4 ter, l. 27 gennaio 2012 su quello dell’art. 14 bis del medesimo provvedimento normativo.
Come noto, nei numerosi interventi normativi che hanno caratterizzato questi mesi di emergenza epidemiologica non si trova alcuna traccia delle procedure da sovraindebitamento. Il legislatore, che si è occupato delle cc.dd. procedure concorsuali maggiori nel d.l. 8 aprile 2020, n. 22, si ha omesso di introdurre disposizioni che interessassero, nello specifico, i piani e le proposte realizzate in attuazione della l. 27 gennaio 2012, n. 3 (e che riguardano tutta la platea dei soggetti non fallibili).
Nondimeno, è evidente che le stesse ragioni che hanno reso opportuno – se non necessario – la previsione di dilazioni nell’esecuzione dei concordati preventivi o degli accordi di ristrutturazione del debito, ovvero la facoltà di chiedere un termine per il deposito di una modifica del piano (già presentato) o, ancora, un termine ulteriore per il deposito del piano e della proposta (nel caso di domanda ex art. 161, comma 6, r.d. 26 marzo 1942, n. 267), avrebbero dovuto suggerire un intervento anche in materia di sovraindebitamento, poiché la crisi di liquidità che ha colpito le imprese, in cui trova giustificazione l’introduzione di norme emergenziali, ha colpito, inevitabilmente, anche i professionisti e i lavoratori dipendenti.
In questo contesto, l’istanza di differimento dei termini di esecuzione di un piano del consumatore presentata da un lavoratore dipendente, per cui è stato richiesto l’intervento della cassa integrazione guadagni successivamente all’omologazione del piano medesimo, ha dato adito al Tribunale di Napoli – per quanto consta, è la prima pronuncia della giurisprudenza di merito – di prendere posizione sull’applicazione analogica dei principi delle norme straordinarie in materia di sovraindebitamento.
Nel provvedimento in commento vi sono almeno due aspetti di significativo interesse.
In primo luogo, il giudice, richiamando espressamente le disposizioni di diritto comune in materia di obbligazioni e l’art. 91 d.l. 17 marzo 2020 n. 18, a norma del quale il rispetto delle misure di contenimento deve sempre essere «valutata ai fini della esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 c.c. e 1223 c.c., della responsabilità del debitore», ha affermato che, nel caso in cui la crisi epidemiologica – che certamente costituisce una causa di inadempimento non imputabile al debitore – non renda possibile l’esatta esecuzione del piano precedentemente omologato, sia ammissibile una modifica del solo profilo temporale da parte del sovraindebitato senza il necessario intervento dei creditori.
A tale conclusione si può giungere attraverso i principi contenuti nell’art. 9 d.l. n. 22 del 2020, che, secondo il Tribunale di Napoli, devono trovare applicazione anche in materia di sovraindebitamento e che devono altresì prevalere sulle disposizioni contenute nell’art. 13, comma 4 bis, l. n. 3 del 2012 (le quali, al contrario, renderebbero necessaria la realizzazione di un nuovo iter procedurale, con il conseguente intervento dei creditori).
Inoltre, in modo assolutamente condivisibile, la pronuncia in commento fa perno sul generale obbligo (per debitore e creditori) di comportarsi secondo buona fede e correttezza, disciplinato espressamente dall’art. 4 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, per affermare che, in casi analoghi a quello di specie, debba considerarsi prevalente la disposizione di cui all’art. 13, comma 4 bis, su quella dell’art. 14 bis, comma 2, lett. b) l. n. 3 del 2012.
Precisamente, la buona fede, che dovrebbe ispirare lo svolgimento e l’esecuzione di tutte le procedure concorsuali, conduce il Tribunale a ritenere che, in caso di inadempimento per causa di forza maggiore, sia da preferire il diritto del debitore di chiedere la modifica del piano rispetto a quello dei creditori di ottenere la cessazione degli effetti dell’omologazione.