Statisticamente, la materia delle interconnessioni tra la procedura di accordo di ristrutturazione dei debiti e fallimento è oggetto di esame da parte della giurisprudenza con frequenza notevolmente inferiore rispetto a quella del rapporto tra concordato preventivo e fallimento.
Sul tema, si è recentemente espressa la Corte di cassazione, la quale, con la sentenza n. 13850 del 2019, pubblicata il 22 maggio 2019, ha dichiarato – in controtendenza rispetto a quanto affermato da alcuni giudici di merito – procedibile il ricorso per la dichiarazione di fallimento di una società presentato da un creditore estraneo all’accordo di ristrutturazione dei debiti, in precedenza omologato dal tribunale.
Le ragioni che hanno condotto il giudice di legittimità ad adottare tale soluzione sono essenzialmente due.
Anzitutto, la Corte ha osservato che nella legge fallimentare manca una disciplina specifica delle fasi esecutiva e risolutiva della procedura concorsuale disciplinata dall’art. 182 bis l. fall.
Partendo dal presupposto che non può essere applicata, in via analogica, la normativa sulla risoluzione del concordato preventivo, questa circostanza, di per sé, comporta l’assenza di vincoli procedimentali per i creditori (anche aderenti) che intendono agire nei confronti del debitore inadempiente. In altre parole, in ipotesi di inadempimento, dovrebbe essere possibile chiedere il fallimento della società in procedura anche senza aver preliminarmente domandato la risoluzione dell’accordo di cui all’art. 182 bis l. fall.
Peraltro, l’imprenditore non può invocare a sua protezione il dettato dell’art. 182 bis, comma 6, l. fall., che accorda la sospensione delle procedure esecutive o cautelari pendenti, poiché la procedura per la dichiarazione di fallimento ha natura cognitiva piena e non esecutiva o cautelare.
Inoltre, la pronuncia della Corte di cassazione trova conforto nell’estraneità del creditore istante (il fallimento) alla procedura di cui all’art. 182 bis l. fall.
Il creditore che (legittimamente) sceglie di non aderire all’accordo di ristrutturazione, come noto, ha diritto a vedere soddisfatto integralmente il proprio credito; privarlo della possibilità di esperire il procedimento per la dichiarazione di fallimento equivarrebbe a sottrargli una fondamentale forma di tutela del proprio diritto e violare i principi di garanzia patrimoniale del debitore e di par condicio creditorum contenuti, rispettivamente, negli artt. 2740 e 2741 c.c.
Dunque, il giudice di legittimità, condivisibilmente, ammette che il creditore estraneo all’accordo di ristrutturazione dei debiti possa, a tutela dei propri interessi, ricorrere al tribunale per chiedere la dichiarazione dello stato di insolvenza del proprio debitore, anche successivamente all’omologazione di cui all’art. 182 bis, comma 4, l. fall.