Come noto, l’art. 377, comma 4, d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – il c.d. Codice della crisi e dell’insolvenza –, entrato in vigore lo scorso 16 marzo 2019, ha innovato l’art. 2475, comma 1, c.c. in tema di amministrazione di società a responsabilità limitata. Precisamente, la novella prescrive che «la gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’art. 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale».
Sin da subito è stato posto all’attenzione degli operatori il tema del difficile coordinamento tra la disposizione in esame e le ulteriori norme del codice civile (non espressamente modificate dal Codice della crisi e dell’insolvenza) che disciplinano l’attribuzione di specifici poteri amministrativi o autorizzativi direttamente ai soci di s.r.l. I primi commentatori, per l’appunto, si sono domandati se l’art. 377, comma 4, d.lgs. n. 14 del 2019 determinasse la tacita abrogazione degli artt. 2468, 2476 e 2479, comma 1, c.c. nella misura in cui conferiscono ai soci il diritto di intervenire nella gestione dell’impresa.
Come si può agevolmente comprendere, tale interrogativo non è di poco conto, soprattutto per gli effetti che potrebbe spiegare sia sugli statuti delle società già costituite nel momento di entrata in vigore della novella che sugli equilibri di governance di tutte le s.r.l. che, attualmente, conferiscono ai soci diritti-doveri di natura gestionale.
A dissipare i dubbi sorti è intervenuto il Consiglio nazionale del notariato, con una recentissima pubblicazione (studio n. 58/2019/I).
A parere dell’Organo di rappresentanza dei notai, il nuovo art. 2475 c.c. e tutte quelle norme che, nelle s.r.l., negano che l’amministrazione della società spetti esclusivamente agli amministratori debbono essere collocati su due piani differenti.
L’art. 2475 c.c., che deve essere letto in stretto coordinamento con l’art. 2086 c.c. novellato, si pone sul piano dell’organizzazione della società e della ripartizione delle responsabilità; gli amministratori, in altre parole, sono gli unici soggetti ad avere poteri gestori e, di convesso, sono gli unici ad essere responsabili nel caso in cui l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società non sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche al fine di una tempestiva rilevazione dell’eventuale stato di crisi.
Le norme del codice civile che affidano ai soci poteri amministrativi, al contrario, si collocano su un piano operativo, che riguarda specificamente il riparto delle competenze tra gli organi e i soggetti.
Questa (condivisibile) lettura del novellato art. 2475 c.c. esclude che le società debbano attivarsi per procedere alla modifica dei propri statuti laddove questi attribuiscano ai soci competenze amministrative o autorizzative.