Art. 25
Contributo a fondo perduto
“Al fine di sostenere i soggetti colpiti dall’emergenza epidemiologica “Covid-19”, è riconosciuto un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA, di cui al testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 […].
Il contributo a fondo perduto di cui al comma 1 non spetta, in ogni caso, ai soggetti la cui attività risulti cessata alla data di presentazione dell’istanza […].
Il contributo spetta esclusivamente ai titolari di reddito agrario di cui all’articolo 32 del citato testo unico ed ai soggetti con ricavi di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi o compensi di cui all’articolo 54, comma 1, del medesimo testo unico delle imposte sui redditi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso […].
Il contributo a fondo perduto spetta a condizione che l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019. Al fine di determinare correttamente i predetti importi, si fa riferimento alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o di prestazione dei servizi. Il predetto contributo spetta anche in assenza dei requisiti di cui al presente comma ai soggetti che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019 […].
L’ammontare del contributo a fondo perduto è determinato applicando una percentuale alla differenza tra l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 e l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019 […].
L’ammontare del contributo a fondo perduto è riconosciuto, comunque, ai soggetti di cui al comma 1, beneficiari del contributo ai sensi dei commi 3 e 4, per un importo non inferiore a mille euro per le persone fisiche e a duemila euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.
Il contributo di cui al presente articolo non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi […].
Sulla base delle informazioni contenute nell’istanza di cui al comma 8, il contributo a fondo perduto è corrisposto dall’Agenzia delle entrate mediante accreditamento diretto in conto corrente bancario o postale intestato al soggetto beneficiario […].”
Con l’articolo in commento il legislatore ha inteso sostenere imprese e lavoratori autonomi in modo più concreto e diretto rispetto a quanto non avesse fatto fino ad ora (in particolare, mediante garanzie concesse ai finanziamenti richiesti agli istituti di credito). A favore dei soggetti indicati, infatti, viene prevista l’erogazione di un contributo a fondo perduto per tutti coloro che esercitano attività di impresa (anche agricola) e per i titolari di partita IVA, purché queste non siano cessate prima della presentazione della richiesta.
I requisiti di carattere quantitativo richiesti per l’elargizione del contributo sono due: da un lato, il fatturato – o i corrispettivi – conseguito nel periodo di imposta precedente non deve superare i cinque milioni di euro; dall’altro, nel mese di aprile 2020 deve essere stato registrato un calo dei ricavi almeno pari ai due terzi di quelli percepiti nello stesso mese dell’anno 2019.
Un aspetto importante che deve essere considerato è che, nel valutare le differenze di fatturato tra il 2019 e il 2020, occorre far riferimento “alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o di prestazione dei servizi” e non, dunque, alla data di emissione della fattura, che non necessariamente coincide.
Qualora i predetti parametri quantitativi siano rispettati, le persone fisiche o le persone giuridiche (e, più in generale, tutti i soggetti diversi dalle persone fisiche) avranno diritto di percepire una determinata percentuale – compresa tra il dieci e il venti per cento – della riduzione del fatturato registrata nel mese di aprile rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, che varia a seconda dei ricavi conseguiti nel 2019, e, in ogni caso, all’importo minimo di euro mille per le prime ed euro duemila per le seconde.
È espressamente specificato che il contributo a fondo perduto non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi (delle persone fisiche e delle società) e alla formazione del valore della produzione netta relativamente all’imposta regionale sulle attività produttive.
L’amministrazione che si occuperà di stabilire le modalità operative con cui si potrà chiedere il rimborso e che sarà, in un secondo momento, tenuta ad erogarlo, sarà l’Agenzia delle Entrate, la quale procederà mediante accreditamento diretto sul conto corrente bancario o postale intestato al soggetto beneficiario. Sotto questo profilo, potrebbe sorgere qualche perplessità in ordine all’arco temporale necessario per l’elaborazione del modello di richiesta, considerato che, tendenzialmente, tutte le piccole e medie imprese che sono rimaste inattive in questo periodo avranno l’esigenza di percepire liquidità nell’immediato.
Ancora due ultime considerazioni sulla disposizione in commento.
Il legislatore prescrive che qualora, successivamente all’erogazione del contributo, cessi l’attività d’impresa o di lavoro autonomo ed emerga l’insussistenza dei requisiti per la sua percezione, l’eventuale atto di recupero da parte dell’amministrazione viene emanato nei confronti del soggetto firmatario dell’istanza.
Viene fatta salva, in ogni caso, la configurabilità del reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche, disciplinato dall’articolo 316 ter c.p.
Art.26
Rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni
“Le misure previste dal presente articolo si applicano, in conformità a tutti i criteri e le condizioni ivi previsti, agli aumenti di capitale delle società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, anche semplificata, società cooperative, – società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003, aventi sede legale in Italia, escluse quelle di cui all’articolo 162-bis del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e quelle che esercitano attività assicurative, qualora la società regolarmente costituita e iscritta nel registro delle imprese, soddisfi le seguenti condizioni:
a) presenti un ammontare di ricavi di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 relativo al periodo d’imposta 2019, superiore a cinque milioni di euro, ovvero dieci milioni di euro nel caso della misura prevista al comma 10 e fino a cinquanta milioni di euro; nel caso in cui la società appartenga ad un gruppo, si fa riferimento al valore dei citati ricavi su base consolidata, al più elevato grado di consolidamento, non tenendo conto dei ricavi conseguiti all’interno del gruppo;
b) abbia subito, a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nei mesi di marzo e aprile 2020, una riduzione complessiva dell’ammontare dei ricavi di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente in misura non inferiore al 33%; nel caso in cui la società appartenga ad un gruppo, si fa riferimento al valore dei citati ricavi su base consolidata, al più elevato grado di consolidamento, non tenendo conto dei ricavi conseguiti all’interno del gruppo;
c) abbia deliberato ed eseguito dopo l’entrata in vigore del presente decreto legge ed entro il 31 dicembre 2020 un aumento di capitale a pagamento e integralmente versato; per l’accesso alla misura prevista dal comma 12 l’aumento di capitale non è inferiore a 250.000 euro.
[…].
Ai soggetti che effettuano conferimenti in denaro, in una o più società, in esecuzione dell’aumento del capitale sociale di cui al comma 1, lettera c), spetta un credito d’imposta pari al 20 per cento.
L’investimento massimo del conferimento in denaro sul quale calcolare il credito d’imposta non può eccedere euro 2.000.000. La partecipazione riveniente dal conferimento deve essere posseduta fino al 31 dicembre 2023. La distribuzione di riserve, di qualsiasi tipo, prima di tale data da parte della società oggetto del conferimento in denaro comporta la decadenza dal beneficio e l’obbligo del contribuente di restituire l’ammontare detratto, unitamente agli interessi legali. L’agevolazione spetta all’investitore che ha una certificazione della società conferitaria che attesti di non aver superato il limite dell’importo complessivo agevolabile di cui al comma 20 ovvero, se superato, l’importo per il quale spetta il credito d’imposta. Non possono beneficiare del credito d’imposta le società che controllano direttamente o indirettamente la società conferitaria, sono sottoposte a comune controllo o sono collegate con la stessa ovvero sono da questa controllate. […].”
Con la misura in commento viene riconosciuto esclusivamente per gli aumenti di capitale deliberati nelle società per azioni, nelle società in accomandita per azioni e nelle società a responsabilità limitata, oltreché nelle società cooperative, che abbiano sede legale e amministrativa in Italia, e possiedano gli ulteriori requisiti dimensionali che verranno esposti, un credito di imposta ai soci (che abbiano conferito denaro) pari al venti per cento dei versamenti effettuati in attuazione della delibera, fino ad un ammontare massimo di quattrocentomila euro.
La misura, con ogni evidenza, suole incentivare la deliberazione, da parte dei competenti organi societari, di aumenti reali di capitale sociale, i quali possono costituire un importante sussidio per la continuazione dell’attività di impresa.
I requisiti di carattere quantitativo che debbono possedere le società menzionate dall’art. 26, comma 1, per accedere al beneficio in parola sono i seguenti:
a) aver conseguito un fatturato nell’esercizio 2019 superiore a cinque milioni di euro e non superiore a cinquanta milioni di euro;
b) aver registrato un calo dei ricavi nel mese di aprile 2020, rispetto al corrispondente mese dell’anno 2019, pari al trentatré per cento;
c) aver deliberato ed eseguito – non è chiaro se integralmente o parzialmente, nel rispetto del limite minimo del venticinque per cento previsto per le società con una pluralità di soci – un aumento di capitale pari ad almeno euro duecentocinquanta mila tra la data di entrata in vigore del decreto e il 31 dicembre 2020.
Inoltre, viene richiesto che la società:
1. non rientri nella categoria delle imprese in difficoltà ai sensi della normativa UE;
2. si trovi in situazione di regolarità contributiva e fiscale;
3. si trovi in regola con le disposizioni in materia di normativa edilizia ed urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e della salvaguardia dell’ambiente;
4. non rientri tra le società che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti ritenuti illegali o incompatibili dalla Commissione europea;
5. non si trovi nelle condizioni ostative di cui all’articolo 67 decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (c.d. codice antimafia);
6. nei confronti degli amministratori, dei soci e del titolare effettivo non sia intervenuta condanna definitiva, negli ultimi cinque anni, per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto nei casi in cui sia stata applicata l’interdizione dai pubblici uffici.
Peraltro, nel caso in cui la società (il cui capitale verrà aumentato in conformità alla norma) distribuisse riserve, di qualsiasi tipo, prima del 31 dicembre 2023, o il socio alienasse la partecipazione prima di tale data, vi sarebbe la decadenza dal beneficio, con il conseguente obbligo di restituire l’ammontare detratto, unitamente agli interessi legali.
Ancora, alla società cui viene incrementato il capitale sociale in conformità alle disposizioni dell’articolo in commento – e che abbiano tutti i requisiti indicati dal comma 1 e dal comma 2, precedentemente elencati – è riconosciuto, a seguito dell’approvazione del bilancio dell’esercizio 2020, un credito d’imposta pari al cinquanta per cento delle perdite eccedenti il dieci per cento del patrimonio netto, fino ad un massimo del trenta per cento dell’aumento di capitale deliberato. Sussiste sempre l’obbligo di non distribuire riserve sino al 31 dicembre 2023, pena la revoca dal beneficio e l’obbligo di restituire il credito d’imposta.
Inoltre, solamente per le società che possiedano i requisiti appena indicati e che abbiano altresì un numero di occupati inferiore a duecentocinquanta unità, viene istituito un fondo, denominato «Fondo Patrimonio PMI», finalizzato a sottoscrivere nel termine del 31 dicembre 2020, ed entro i limiti di dotazione, obbligazioni o titoli di debito di nuova emissione, con le caratteristiche indicate dall’art. 26, comma 12.
L’ammontare massimo delle obbligazioni o dei titoli di debito deve essere pari al minore importo tra l’ammontare dell’aumento di capitale, moltiplicato per tre, e il 12,5% dell’ammontare dei ricavi conseguiti nell’esercizio 2019. Un aspetto rilevante consiste nel fatto che, per tali strumenti, viene ammessa la deroga ai limiti previsti dal codice civile per l’emissione di obbligazioni.
Art. 28
Credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo, affitto d’azienda e cessione del credito
“Al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, spetta un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare mensile del canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all’esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo.
Il credito d’imposta di cui al comma 1, in caso di contratti di servizi a prestazioni complesse o di affitto d’azienda, comprensivi di almeno un immobile a uso non abitativo destinato allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale o […] all’esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo, spetta nella misura del 30 per cento dei relativi canoni.
[…].
Il credito d’imposta di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 è commisurato all’importo versato nel periodo d’imposta 2020 con riferimento a ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio. […] Ai soggetti locatari esercenti attività economica, il credito d’imposta spetta a condizione che abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nel mese di nel mese di riferimento di almeno il 50 per cento rispetto allo stesso mese del periodo d’imposta precedente.
Il credito d’imposta di cui ai commi precedenti è utilizzabile nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento della spesa ovvero in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, successivamente all’avvenuto pagamento dei canoni. […].”
Il legislatore è intervenuto nuovamente, a distanza di circa due mesi dal d.l. 17 marzo 2020, n. 18, in materia di pagamento del canone di locazione, superando alcune criticità in esso contenute (e non modificate dalla l. 24 aprile 2020, n. 27, di conversione del decreto).
Come noto, originariamente è stato previsto, esclusivamente per chi esercitava attività di impresa, un credito di imposta pari al sessanta percento del canone di locazione da corrispondere (per il mese di marzo) per gli immobili qualificati catastalmente con la categoria C/1 (negozi). Questa misura è stata sin da subito giudicata dai vari commentatori insufficiente per lenire le conseguenze della crisi di liquidità che si stava generando con i provvedimenti limitativi dell’esercizio di attività produttive, sia sotto il profilo quantitativo che sotto quello dei destinatari cui era rivolta: ad essere esclusi dal beneficio erano, infatti, le categorie dei professionisti e dei lavoratori autonomi.
Diversamente, mediante la disposizione contenuta nell’art. 31 d.l. 19 maggio 2020, n. 34, per i mesi di marzo, aprile e maggio del corrente anno, il credito di imposta – che resta sempre pari al sessanta per cento dell’ammontare mensile del canone di locazione – è stato opportunamente esteso anche ai soggetti esercenti un’arte o una professione, e si applica con riferimento a tutti gli immobili a uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività di impresa o professionale, a prescindere dalla qualificazione catastale. I due requisiti quantitativi necessari per poter usufruire del credito di imposta sono l’aver percepito ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente – tale misura non si applica alle sole attività alberghiere – e aver registrato una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il cinquanta per cento nel mese di riferimento rispetto allo stesso mese del periodo d’imposta precedente.
Non è tutto.
L’art. 28, comma 2, infatti, stabilisce che il credito di imposta spetti, seppur nella misura limitata del trenta per cento, anche a coloro che corrispondono canoni a titolo di corrispettivo per affitti d’azienda, purché quest’ultima comprenda almeno un immobile a uso non abitativo destinato allo svolgimento dell’attività produttiva.
Il credito d’imposta, che ovviamente non concorre alla formazione del reddito e del valore della produzione, rispettivamente, ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive – è utilizzabile o nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento della spesa o, in compensazione, successivamente all’avvenuto pagamento dei canoni.
Art. 57
(Aiuti alle imprese per la ricerca e lo sviluppo in materia di COVID-19)
“Le Regioni, le Provincie autonome, anche promuovendo eventuali azioni di coordinamento in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, gli altri enti territoriali, le Camere di commercio possono adottare misure di aiuto [omissis]… a favore di progetti di ricerca e sviluppo in materia di COVID-19 e antivirali pertinenti. [omissis] Gli aiuti sono concessi entro e non oltre il 31 dicembre 2020. [omissis]Il beneficiario si impegna a concedere licenze non esclusive a condizioni di mercato non discriminatorie a terzi nel SEE”.
L’attività di ricerca & sviluppo indica quell’attività svolta dell’impresa finalizzata all’innovazione. Essa consiste in due momenti distinti: la ricerca, rivolta soprattutto all’ideazione e alla sperimentazione di nuovi prodotti o processi; lo sviluppo, in cui le invenzioni della ricerca assumono una dimensione economica e si trasformano in innovazioni. L’attività innovativa genera dei vantaggi in capo all’innovatore, assicurati mediante il brevetto, lo strumento più comunemente usato per salvaguardare i diritti di privativa industriale.
La disposizione in commento consente agli Enti territoriali di concedere misure di aiuto sotto forma di agevolazioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali, a tutte quelle imprese che intraprendano progetti di ricerca e sviluppo in materia di COVID-19 e antivirali pertinenti (dispositivi medici, attrezzature ospedaliere e mediche, disinfettanti, indumenti e dispositivi di protezione, nonché le innovazioni di processo pertinenti ai fini di una produzione efficiente dei prodotti necessari).
La norma dispone un termine ultimo per la concessione dei suddetti aiuti (entro e non oltre il 31 dicembre 2020).
Infine, occorre segnalare che in caso di assegnazione il beneficiario dovrà impegnarsi a concedere licenze non esclusive a condizioni di mercato non discriminatorie a terzi nello Spazio Economico Europeo (SEE). In tal modo verrà assicurato agli operatori del mercato la giusta leale concorrenza, non consentendo alla singola impresa di assumere la posizione monopolista.
Art. 152
(Sospensioni dei pignoramenti dell’Agente della riscossione su stipendi e pensioni)
“Nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore del presente decreto e il 31 agosto 2020 sono sospesi gli obblighi di accantonamento derivanti dai pignoramenti presso terzi effettuati prima di tale ultima data data dall’agente della riscossione e dai soggetti iscritti all’albo previsto dall’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, aventi ad oggetto le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza. Le somme che avrebbero dovuto essere accantonate nel medesimo periodo non sono sottoposte al vincolo di indisponibilità e il terzo pignorato le rende fruibili al debitore esecutato, anche se anteriormente data di entrata in vigore de presente decreto sia intervenuta ordinanza di assegnazione del giudice dell’esecuzione. Restano fermi gli accantonamenti effettuati prima della data di entrata in vigore del presente decreto e restano definitivamente acquisite e non sono rimborsate le somme accreditate, anteriormente alla stessa data, all’agente della riscossione e ai soggetti scritti all’albo previsto dall’articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997.[omissis]”.
Considerati gli effetti economici derivanti dall’emergenza epidemiologica, il legislatore sceglie di sospendere nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore del presente decreto e il 31 agosto 2020, gli obblighi di accantonamento derivanti dai pignoramenti presso terzi effettuati prima di tale data, relativi a stipendi/pensioni e trattamenti assimilati. Allo stesso tempo le medesime somme pignorate sono sottratte dal vincolo pignoratizio, consentendo al terzo, anche in caso di avvenuta assegnazione da parte del giudice dell’esecuzione, di mettere le somme a disposizione del debitore.
Come chiaramente specificato dalla norma, non rientrano nella fattispecie ad esame gli accantonamenti effettuati prima della data di entrata in vigore del presente decreto.
La norma mira a far sì che l’esecutato possa mantenere “la liquidità” anche nel periodo immediatamente successivo all’emergenza, per far fronte alle spese ordinarie.
Art. 154
(Proroga del periodo di sospensione delle attività dell’agente della riscossione)
“All’articolo 68 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nel comma 1, le parole “31 maggio” sono sostituite dalle seguenti: “31 agosto”;
b) dopo il comma 2-bis, è inserito il seguente: “2-ter. Relativamente ai piani di dilazione in essere alla data dell’8 marzo 2020 e ai provvedimenti di accoglimento emessi con riferimento alle richieste presentate fino al 31 agosto 2020, gli effetti di cui all’articolo 19, comma 3, lettere a), b) e c), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, si determinano in caso di mancato pagamento, nel periodo di rateazione, di dieci rate, anche non consecutive.”;
c) il comma 3 è sostituito dal seguente: “3. Il mancato ovvero insufficiente ovvero tardivo versamento, alle relative scadenze, delle rate, da corrispondere nell’anno 2020, delle definizioni di cui agli articoli 3 e 5 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, all’articolo 16-bis del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, e all’articolo 1, commi 190 e 193, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, non determina l’inefficacia delle stesse definizioni se il debitore effettua l’integrale versamento delle predette rate entro il termine del 10 dicembre 2020, al quale non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 3, comma 14-bis, del medesimo decreto legge n. 119 del 2018.”;
d) dopo il comma 3, è inserito il seguente: “3-bis. Relativamente ai debiti per i quali, alla data del 31 dicembre 2019, si è determinata l’inefficacia delle definizioni di cui al comma 3 del presente articolo, in deroga all’articolo 3, comma 13, lettera a), del decreto legge n. 119 del 2018, possono essere accordate nuove dilazioni ai sensi dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973.”.
La disposizione in esame introduce una serie di modifiche all’art. 68 del DL n. 18/2020, relativo alla sospensione dei termini di versamento dei carichi affidati all’agente della riscossione.
In particolare, la fase di sospensione delle attività svolte dall’agente della riscossione viene prorogata al 31 agosto 2020.
Per quanto concerne i piani di dilazione in essere alla data dell’8 marzo 2020 e ai provvedimenti di accoglimento emessi con riferimento alle richieste presentate fino al 31 agosto 2020, la decadenza del debitore dalle rateazioni accordate dall’agente della riscossione e gli altri effetti di tale decadenza previsti dalla legge, si determinano in caso di mancato pagamento di dieci, anziché cinque, rate.
Tale operazione di tolleranza consentirà all’esecutato che non potrà far fronte alle scadenze prefissate, di poter rientrare nei termini e non perdere il beneficio del termine.
Con riferimento alle scadenze delle rate della c.d. “rottamazione-ter” e del c.d. “saldo e stralcio”, i termini sono prorogati fino al 10 dicembre 2020. A tale ultimo termine non si applica la “tolleranza” di cinque giorni di cui all’articolo 3, comma 14-bis, del DL n. 119 del 2018; ciò, per garantire la sicura acquisizione nell’anno 2020 delle relative somme al bilancio dello Stato e degli altri enti credito.