Per far fronte alla situazione di vera e propria emergenza epidemiologica che sta attraversando il nostro Paese, causata dalla diffusione del virus denominato Covid-19, il Governo, come noto, ha deciso di varare diverse misure, di carattere giuslavoristico, finanziario e fiscale, con il fine di supportare e agevolare imprenditori, lavoratori autonomi e professionisti in questo momento di difficoltà. Tali misure sono contenute nel d.l. 17 marzo 2020, n. 18.
In questo articolo saranno trattate alcune delle disposizioni in materia di assistenza finanziaria alle imprese ed ai professionisti, per le quali è riservato l’intero titolo III del d.l. 17 marzo 2020, n. 18 – che si estende dall’art. 49 all’art. 59 –, con una nota conclusiva riservata alle previsioni in materia societaria.
Anzitutto, una prima previsione di supporto è contenuta nell’art. 54 d.l. n. 18 del 2020, che estende l’ammissione ai benefici del Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa, fino ad oggi riservato solamente a lavoratori subordinati, agenti e prestatori d’opera in via continuativa e coordinata, ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti. La possibilità di godere la sospensione delle rate del mutuo, tuttavia, avrà una durata massima di nove mesi e non di diciotto, come previsto dall’art. 2, comma 476, l. 24 dicembre 2007, n. 244.
La predetta agevolazione verrà concessa al ricorrere di un presupposto specifico, che consiste nella riduzione del fatturato del professionista nel trimestre successivo al 21 febbraio 2020 (o nel minor lasso di tempo intercorso tra tale data e quella della domanda). Peraltro, tale riduzione, che andrà dichiarata mediante le (ormai note) autocertificazioni, dovrà essere quantitativamente apprezzabile, essendo richiesto un calo di almeno un terzo del volume d’affari.
Sarà necessario, inoltre, che la riduzione del fatturato sia una diretta conseguenza della chiusura o della restrizione della propria attività «operata in attuazione delle disposizioni adottate dall’autorità competente per l’emergenza coronavirus». In altre parole, la legge richiede che vi sia un nesso di causalità tra evento – emergenza epidemiologica in corso – e risvolto economico – perdita del fatturato –, la cui prova, stando gli accadimenti di pubblico dominio, dovrebbe essere in qualche modo scontata.
Non è chiaro se, considerato il silenzio della disposizione e della generica previsione di deroga rispetto a quanto indicato nella l. n. 244 del 2007, possano ottenere il beneficio coloro che erano già inadempienti rispetto alle obbligazioni contrattuali alla data di entrata. Ragioni di coerenza sistematica farebbero propendere per la soluzione negativa.
Si prevede, in ogni caso, che il Fondo di solidarietà per i mutui corrisponda, nel periodo di sospensione del rapporto contrattuale, la metà degli interessi compensativi che maturano sul debito residuo.
Analizzando il testo del decreto si può notare come un’importante previsione per le imprese sia contenuta nell’art. 56 d.l. n. 18 del 2020.
Le c.d. micro imprese – ovverosia le imprese con un fatturato e un attivo patrimoniale inferiore a 2 milioni di euro e con meno di dieci dipendenti – e le PMI (che costituiscono la quasi totalità delle realtà presenti nel panorama italiano) possono avvalersi di una generalizzata sospensione, sino al 30 settembre 2020, di una serie di rapporti contrattuali in essere con istituti di credito ed intermediari finanziari iscritti presso l’apposito albo tenuto presso la Banca d’Italia.
In particolare, a seguito di semplice richiesta del debitore:
- non sarà possibile, per le banche, revocare le aperture di credito e i prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti;
- tutte le scadenze precedenti al 30 settembre 2020 dei prestiti che non prevedono rimborso rateale sono prorogate alla predetta data;
- il pagamento delle rate dei mutui, dei finanziamenti e dei contratti di leasing viene sospeso sino al 30 settembre 2020, con automatica dilazione, senza che vi possano essere ulteriori oneri a carico di entrambe le parti contrattuali.
In quest’ultima evenienza, il debitore può (anche) espressamente chiedere che venga sospeso non il pagamento della rata intera bensì il rimborso della sola quota capitale.
Per fruire della sospensione dei contratti indicati occorre dichiarare, sempre tramite autocertificazione, che l’impresa si trova in un temporaneo stato di carenza di liquidità; tale stato, inevitabilmente, dovrà essere la «conseguenza diretta» della diffusione dell’epidemia in corso.
Contrariamente a quanto (non) indicato dall’art. 54 d.l. n. 18 del 2020 per la sospensione del mutuo prima casa per i professionisti, le imprese non possono accedere al beneficio nel caso in cui l’esposizione debitoria sia qualificabile come deteriorata.
Nel titolo III trovano sede ulteriori specifiche misure di sostegno finanziario ad imprese, come quelle contenute nell’art. 53 d.l. n. 18 del 2020, il quale, per supportare il credito all’esportazione nel settore turistico (con particolare riferimento alle operazioni in ambito crocieristico), prevede che il Ministero dell’economia possa rilasciare garanzie in favore di Sace s.p.a. fino all’importo massimo di euro 2,6 miliardi.
Ancora, un’ulteriore specifica previsione è contenuta nell’art. 65 d.l. n. 18 del 2020, titolo quarto del decreto, a norma del quale viene riconosciuto, solo a chi esercita attività di impresa, ed esclusivamente per gli immobili qualificati catastalmente con la categoria C/1 (negozi), un credito di imposta pari al sessanta percento del canone di locazione da corrispondere per il mese di marzo. Il credito di imposta, peraltro, è utilizzabile solamente in compensazione.
Anche in questo caso, non si comprendono le ragioni specifiche che hanno indotto il legislatore a disporre il credito di imposta – che, probabilmente, avrebbe essere potuto sostituito con misure più adeguate, quali la sospensione del pagamento del canone – solamente per le imprese e non anche per i lavoratori autonomi.
Infine, occorre segnalare che il legislatore ha ritenuto opportuno intervenire altresì materia societaria.
Le novità sono contenute nell’art. 106 d.l. n. 18 del 2020 e, sostanzialmente, perseguono tutte lo stesso obiettivo di agevolare la tenuta dell’assemblea dei soci da convocarsi per l’approvazione del bilancio dell’esercizio appena concluso.
Anzitutto, è prevista una proroga di sessanta giorni del termine per la convocazione dell’assemblea per l’approvazione del bilancio di esercizio delle società per azioni e delle società a responsabilità limitata. Dunque, l’amministratore unico o il consiglio di amministrazione (per le società con sistema di amministrazione e controllo ordinario) saranno tenuti a convocare l’assemblea non più entro il 30 aprile 2020 ma entro il 30 giugno 2020.
In tal senso, pur dovendosi apprezzare l’intervento normativo appena descritto, non si può non notare che nulla sia stato prescritto nel caso in cui la società avesse necessità, per far fronte alle «particolari esigenze» (indicate dagli artt. 2364, comma 2, e 2478 bis, comma 1, c.c.), di posticipare ulteriormente la convocazione dell’assemblea: in altre parole, non si prevede un ulteriore termine eccezionale rispetto alla (nuova) regola. Ci si può ragionevolmente attendere che il legislatore interverrà sulla questione con nuovi decreti (peraltro già annunciati).
Una seconda novità per agevolare la tenuta dell’assemblea è quella contenuta nei commi 2 e 3 del medesimo art. 106, che consentono, nelle società di capitali, l’intervento dei soci mediante mezzi di telecomunicazione e l’espressione del voto in via elettronica o per corrispondenza, a prescindere da quanto eventualmente indicato (o non indicato) nello statuto sociale. Si derogano, dunque, le norme del codice civile, che ammettono l’utilizzo dei predetti mezzi elettronici o il voto per corrispondenza solamente nel caso in cui sia lo statuto ad indicarlo espressamente (per le s.p.a., si veda l’art. 2370, comma 4, c.c.).
Pur nel silenzio della legge, si ritiene che la decisione di adottare le suindicate modalità di partecipazione e di voto in assemblea debba essere dell’organo amministrativo, il quale dovrà espressamente indicare tale scelta nell’avviso di convocazione.
In merito a ciò, tuttavia, è bene ricordare come il Comitato interregionale dei consigli notarili delle tre Venezie, con la massima H.B. 39 del 2017, avallata anche da altri organi del notariato (come il Consiglio notarile di Milano), aveva già ammesso che «anche in assenza di una specifica previsione statutaria, deve ritenersi possibile l’intervento in assemblea mediante mezzi di telecomunicazione, a condizione che siano in concreto rispettati i principi del metodo collegiale».
Nelle società a responsabilità limitata, inoltre, è consentita la consultazione per iscritto anche se lo statuto sociale lo esclude espressamente.
Appare di scarso rilievo anche la parte finale del comma 2 dell’art. 106, laddove stabilisce espressamente che il presidente e il segretario (o il notaio) possano trovarsi anche in luogo diverso. Gli orientamenti notarili sul punto, infatti, già riconoscevano tale possibilità.
In ultimo, occorre segnalare, come ultima previsione volta ad agevolare la partecipazione nelle assemblee, che nelle banche popolari e di credito cooperativo, nelle società cooperative e nelle mutue assicuratrici possano essere designati soggetti ai quali conferire deleghe per l’intervento, anche in deroga ai limiti statutari o a quelli previsti dalle varie disposizioni di legge (si veda l’art. 2539, comma 1, c.c., per le società cooperative, che stabilisce il limite massimo di dieci deleghe).
Le società, peraltro, possono prevedere che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente tramite il suddetto rappresentante designato; questa circostanza, tuttavia, deve essere rappresentata nell’avviso di convocazione.
Analoga facoltà di designazione di un rappresentante per la partecipazione in assemblea spetta alle società quotate o con azioni diffuse fra il pubblico in maniera rilevante, indipendentemente dalle disposizioni statutarie.
In chiusura, il legislatore stabilisce che le norme appena esposte troveranno applicazione solamente per le assemblee convocate entro il 31 luglio 2020 o alla data successiva sino alla quale durerà lo stato di emergenza sul territorio italiano. Queste deroghe al diritto comune, dunque, trovano una loro giustificazione fintantoché saranno vietati gli assembramenti di persone.