Il decreto legge n. 104 del 14 agosto 2020 (cd. “Decreto Agosto”) ha introdotto una serie di misure generali in materia di lavoro, di particolare importanza per le imprese, tra cui il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali con causale COVID-19, uno speciale esonero contributivo per incentivare nuove assunzioni, la proroga “attenuata” del divieto di licenziamento fino al 31 dicembre 2020, insieme ad importanti chiarimenti sulla facoltà di proroga o rinnovo dei contratti a termine nell’arco del 2020.
(1) Ammortizzatori sociali
18 settimane aggiuntive
I datori di lavoro che, nell’anno 2020, sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, possono presentare domanda di concessione dei trattamenti di cassa integrazione ordinaria (CIGO), assegno ordinario (ASO erogato dal FIS) e cassa integrazione in deroga (CIGD) per una durata massima di 9 settimane, incrementate di ulteriori 9 settimane solo a determinate condizioni.
Le complessive 18 settimane devono essere collocate nel periodo ricompreso tra il 13 luglio 2020 e il 31 dicembre 2020.
Come chiarito dall’INPS, i datori di lavoro hanno la possibilità di accedere ai nuovi trattamenti indipendentemente dal precedente ricorso e dall’effettivo utilizzo degli stessi nel primo semestre del corrente anno. Il Decreto Agosto, infatti, “ridetermina il numero massimo di settimane richiedibili entro il 31 dicembre 2020 (fino a 18 settimane complessive), azzerando il conteggio di quelle richieste e autorizzate per i periodi fino al 12 luglio 2020, ai sensi della precedente disciplina” (Messaggio Direzione Centrale Ammortizzatori Sociali n. 3131 del 21 agosto 2020).
Le prime 9 settimane
Tuttavia, i periodi di integrazione, già richiesti e autorizzati ai sensi delle precedenti disposizioni, che si collocano anche parzialmente in periodi successivi al 12 luglio 2020, sono automaticamente imputati alle prime 9 settimane del nuovo periodo di trattamenti previsto dal Decreto Agosto.
Nei primi commenti è stato evidenziato che tale nuova disposizione potrebbe penalizzare i datori di lavoro “virtuosi” che, facendo un uso parsimonioso dell’integrazione salariale nella prima metà del 2020, hanno scaglionato il precedente periodo (le 9 settimane del Decreto Cura Italia, oltre alle 5+4 del Decreto Rilancio), posticipandone il più possibile l’effettiva fruizione, e che si vedono oggi “tagliare” parzialmente il periodo di godimento complessivo degli ammortizzatori, rispetto alle altre aziende che invece hanno avuto meno scrupoli.
Le ulteriori 9 settimane
Ulteriori 9 settimane aggiuntive sono riconosciute esclusivamente ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato il precedente periodo di 9 settimane, una volta decorso il periodo autorizzato.
I datori di lavoro che presentano domanda per periodi di integrazione relativi alle suddette ulteriori 9 settimane versano un contributo addizionale determinato sulla base del raffronto tra il fatturato aziendale del primo semestre 2020 e quello del corrispondente semestre 2019, in misura percentuale rispetto alla retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa:
- a) 9% per i datori di lavoro che hanno avuto una riduzione del fatturato inferiore al 20%;
- b) 18% per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato.
Nessun contributo addizionale è dovuto da parte dei datori di lavoro che abbiano subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20%, o abbiano avviato l’attività di impresa successivamente al 1° gennaio 2019; conseguentemente, gli stessi potranno accedere alle ulteriori 9 settimane di trattamenti senza dover sostenere alcun onere aggiuntivo.
Per richiedere l’ulteriore periodo di 9 settimane di integrazione salariale, i datori di lavoro devono corredare la domanda di concessione con una dichiarazione di responsabilità, resa ai sensi dell’articolo 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, in cui autocertificano la sussistenza dell’eventuale riduzione del fatturato.
L’INPS, ricorrendone i presupposti, autorizza i trattamenti di cui sopra e, in base alla citata dichiarazione di responsabilità, stabilisce la misura del contributo addizionale dovuto dall’azienda. In mancanza di tale autocertificazione, però, il contributo addizionale sarà richiesto nella misura massima del 18%.
La verifica della veridicità delle dichiarazioni fornite dai datori di lavoro all’atto della presentazione della domanda di accesso ai trattamenti sarà effettuata dall’INPS e dall’Agenzia delle Entrate con modalità e termini che saranno definiti anche con appositi accordi di cooperazione.
Termini e procedure
Le domande di accesso ai trattamenti di integrazione salariale previsti dal Decreto Agosto devono essere inoltrate all’INPS, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa.
In caso di pagamento diretto da parte dell’Istituto, il datore di lavoro è tenuto ad inviare tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, ovvero, se posteriore, entro il termine di 30 giorni dall’adozione del provvedimento di concessione.
È previsto altresì uno slittamento transitorio dei termini ordinari di trasmissione delle domande.
In sede di prima applicazione della norma, infatti, per le domande con inizio di sospensione/riduzione dal 13 luglio 2020, la scadenza ordinaria del 31 agosto 2020 viene differita al 30 settembre 2020.
Parallelamente, viene ugualmente differita al 30 settembre 2020 la scadenza dei termini per l’invio delle domande e dei dati utili al pagamento o al saldo dei trattamenti che, in via ordinaria, scadrebbero nel periodo ricompreso tra il 1° e il 31 agosto 2020.
L’INPS ha infine chiarito che anche le domande di trattamenti con inizio della sospensione/riduzione dal 1 al 12 luglio 2020, ancorché non ricomprese nella nuova disciplina dettata dal Decreto Agosto, possono essere utilmente trasmesse entro il 30 settembre 2020.
(2) Esonero dal versamento dei contributi previdenziali per assunzioni a tempo indeterminato
Ai datori di lavoro che effettuino assunzioni di lavoratori subordinati a tempo indeterminato, successivamente alla data di entrata in vigore del Decreto Agosto (15 agosto 2020) e fino al 31 dicembre 2020, è riconosciuto l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo massimo di 6 mesi decorrenti dall’assunzione, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL e nel limite massimo di un importo di esonero pari a 8.060 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile.
Sono espressamente esclusi dal campo di applicazione della presente disposizione le assunzioni:
– effettuate dai datori di lavoro del settore agricolo,
– con contratti di apprendistato e con contratti di lavoro domestico.
Non potranno inoltre fruire dell’esonero i datori di lavoro che assumano lavoratori con cui sia intercorso un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato nei 6 mesi precedenti all’assunzione.
L’esonero è riconosciuto anche nei casi di trasformazione del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato in contratto di lavoro a tempo indeterminato, avvenuta successivamente al 15 agosto 2020, ed è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta.
(3) Il divieto di licenziamento
L’art. 46 del Decreto Cura Italia aveva previsto che, a partire dal 17 marzo 2020 e per i successivi 60 giorni, al datore di lavoro fosse vietato di effettuare licenziamenti collettivi e licenziamenti individuali determinati da ragioni di natura economico – organizzativa. Nel medesimo periodo erano anche sospese le procedure di licenziamento collettivo pendenti, avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020.
Restava ferma la facoltà di licenziare per ragioni di natura disciplinare o per altre causali specifiche (ad esempio, per superamento del periodo di comporto o per mancato superamento del periodo di prova), nonché – dal tenore letterale della norma – si riteneva consentito anche il licenziamento individuale dei dirigenti per ragioni di natura economica – organizzativa.
La legge di conversione del Decreto Cura Italia era intervenuta confermando nella sostanza il contenuto della disposizione ed aggiungendo:
- a) la sospensione delle procedure di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, ai sensi dell’art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, in corso alla data di entrata in vigore del Decreto Cura Italia;
- b) l’inciso, relativo alle situazioni del cd. “cambio di appalto”, che escludeva espressamente dall’ambito di applicazione del divieto “le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro di clausola del contratto d’appalto”.
Il Decreto Rilancio, nel confermare per il resto il contenuto dell’art. 46, aveva prorogato il termine di scadenza del divieto al 17 agosto 2020.
Ebbene, il Decreto Agosto ha introdotto una nuova disposizione, che in termini generali già dalla rubrica (“Proroga delle disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo”) riprende esplicitamente il contenuto del divieto previsto dall’art. 46 del Decreto Cura Italia, ma introduce poi una serie di deroghe.
Il divieto, infatti, dal 15 agosto 2020 si applica “ai datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 [cfr. punto (1)] ovvero dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali [cfr. punto (3)]”.
Questo significa che il divieto di licenziamento sarà efficace solo fino a che non sia stata completata la fruizione degli ammortizzatori sociali o, alternativamente, dell’esonero contributivo; viceversa, il divieto cesserà di operare nel momento in cui tale fruizione sarà esaurita.
Ciò premesso, anche a prescindere dall’avvenuta integrale fruizione degli ammortizzatori e dell’esonero, il divieto di licenziamento già adesso non si applica:
– “nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività”, ad eccezione dei casi in cui “nel corso della liquidazione si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 c.c.”;
– “nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo”: non è possibile, quindi, derogare al divieto di licenziamento mediante accordi individuali, ed ai lavoratori che aderiscono all’accordo collettivo sarà riconosciuto il diritto all’indennità di disoccupazione (Naspi);
– “i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa,
ovvero ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso”.
Il Decreto Agosto, infine, ha esteso la speciale facoltà di revoca del licenziamento, già prevista dal Decreto Rilancio, ai datori di lavoro che in tutto il 2020 abbiano proceduto ad effettuare licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. Per costoro, quindi, indipendentemente dal numero dei dipendenti, è prevista la possibilità di revocare il licenziamento in ogni tempo, purché contestualmente venga fatta richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale a partire dalla data in cui ha efficacia il licenziamento. In tal caso, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro.
(4) proroga dei contratti a termine
Com’è noto, i contratti a termine di durata superiore a dodici (12) mesi, fermi restando i limiti di durata massima stabiliti dalla normativa in materia, possono tassativamente essere stipulati solo in presenza di una delle condizioni di seguito indicate (le cd. causali):
- a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
- b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
Com’è altrettanto noto, la sanzione per il mancato rispetto di tale prescrizione è particolarmente severa: il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di 12 mesi.
Per quanto riguarda i rinnovi e le proroghe di un contratto a termine, vale una disciplina parzialmente diversa: per il rinnovo (stipula di un nuovo contratto a termine) è sempre necessaria la causale, anche se il contratto rinnovato aveva durata inferiore ai 12 mesi e la scadenza del rinnovo non supera tale soglia; la proroga (prosecuzione del medesimo contratto) nei primi 12 mesi può essere invece effettuata senza causale, ferma restando la necessità della causale per la proroga effettuata o in scadenza oltre tale termine. Anche qui, in caso di violazione di tali limiti il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato
Ebbene, in deroga alla suddetta normativa generale, l’art. 93 del Decreto Rilancio aveva previsto che, “per far fronte al riavvio delle attività in conseguenza all’emergenza epidemiologica da Covid-19”, fosse possibile “rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020” i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato “in essere alla data del 23 febbraio 2020”, anche in assenza delle causali sopra descritte.
Tale disposizione era stata confermata dalla legge di conversione del Decreto Rilancio, che aveva introdotto un’ulteriore deroga alla normativa generale, aggiungendo un nuovo comma 1 bis all’art. 93, secondo cui “il termine dei contratti di lavoro degli apprendisti di cui agli articoli 43 e 45 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, e dei contratti di lavoro a tempo determinato, anche in regime di somministrazione, è prorogato di una durata pari al periodo di sospensione dell’attività lavorativa, prestata in forza dei medesimi contratti, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”.
In sostanza, per i contratti di apprendistato (con esclusione dell’apprendistato professionalizzante) e per i contratti a termine e di somministrazione a termine veniva previsto un regime di proroga automatica, per un periodo pari alla durata della suddetta sospensione lavorativa.
Ebbene, il Decreto Agosto è intervenuto ancora una volta sull’art. 93 del Decreto Rilancio, abrogando innanzitutto il suddetto co. 1 bis.
Questo significa che il regime di proroga automatica non è più in vigore dal 15 agosto 2020, anche se occorre tenere presente che le eventuali proroghe effettuate tra la data di entrata in vigore della legge di conversione del Decreto Rilancio (18 luglio 2020) e il 15 agosto 2020, se effettuate per un periodo uguale a quello di sospensione dovuta al periodo di integrazione COVID-19, conservano la propria efficacia.
Il Decreto Agosto, poi, è intervenuto anche sul comma 1 dell’art. 93, eliminando anzitutto il riferimento alla necessità che la proroga o il rinnovo fossero connessi alla finalità di “far fronte al riavvio delle attività in conseguenza all’emergenza epidemiologica da Covid-19”, che aveva dato luogo a diversi problemi interpretativi.
È stato anche rimossa la limitazione circa la possibilità di rinnovare o prorogare unicamente i contratti già “in essere alla data del 23 febbraio 2020”, nonché il riferimento al fatto che la proroga o il rinnovo potessero essere fatti e durare “fino al 30 agosto 2020”.
Anche in questo caso, tuttavia, per le proroghe e i rinnovi effettuati nel vigore del vecchio testo, in sede di eventuale contenzioso occorrerà tenere presente l’efficacia di tutte le ulteriori limitazioni sopra indicate.
Ciò premesso, il nuovo testo dell’art. 93 (unico comma) è il seguente: “in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, in deroga all’articolo 21 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 e fino al 31 dicembre 2020, ferma restando la durata massima complessiva di 24 mesi, è possibile rinnovare o prorogare per un periodo massimo di 12 mesi e per una sola volta i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81”.
In deroga alla normativa generale, quindi, è possibile prorogare o rinnovare senza causale un contratto a termine:
– “per un periodo massimo di 12 mesi”,
– “per una sola volta”: sembrerebbe quindi che non siano possibili ulteriori proroghe, nemmeno in caso di rispetto del numero massimo di 4 previsto dalla legge; mentre, viceversa, sembrerebbe che tale speciale proroga possa essere effettuata anche nel caso in cui tale limite sia già stato raggiunto;
– “fino al 31 dicembre 2020”: come già nel testo precedente, non è chiaro se tale data debba essere quella entro cui deve essere posto in essere l’atto della proroga o del rinnovo, o quella dell’ultimo giorno di durata della proroga del rinnovo. Occorre tuttavia tenere presente che il Ministero del Lavoro, sempre rispetto alla precedente versione del comma 1, si era pronunciato a favore della prima soluzione.
Sembrerebbe che la norma di applichi anche a contratti a termine stipulati successivamente all’entrata in vigore del Decreto Agosto: l’essenziale, infatti, sarebbe che la proroga o il rinnovo vengano fatte (o, secondo la tesi restrittiva, si concludano) entro il 31 dicembre 2020.
Quanto all’ambito di applicazione, la disposizione in materia di proroga/rinnovo dei contratti a termine introdotta a suo tempo dalla Legge di Conversione Decreto Cura Italia, per derogare parzialmente alla regola dello “stop and go”, aveva fatto espresso riferimento ai contratti di somministrazione a termine, per estendere anche a questi ultimi il proprio campo d’applicazione. Il Decreto Rilancio, invece, anche nella versione ulteriormente modificata dal Decreto Agosto, non ha fatto alcun riferimento alla disciplina sulla somministrazione, il che sembrerebbe significare che l’art. 93 si applichi esclusivamente alla proroga e al rinnovo dei contratti a termine “diretti”, e non di somministrazione.
(5) Il trasferimento di (ramo di) azienda con più di 15 dipendenti
La legge di conversione del Decreto Rilancio aveva introdotto una disposizione eccezionale riguardante la procedura prevista dall’art. 47 co. 2 della L. 428/1990, in materia di trasferimenti ai sensi dell’art. 2112 c.c. di aziende, o di un ramo di esse, in cui siano occupati più di 15 dipendenti.
Secondo tale disposizione, fino al 17 agosto 2020, in deroga alle ordinarie tempistiche previste dal comma 2 dell’art. 47, la durata della relativa procedura non avrebbe potuto essere inferiore a 45 giorni, nel caso in cui non fosse stato raggiunto un accordo in sede sindacale.
Ciò premesso, si segnala che la disposizione in questione non è stata in alcun modo reiterata dal Decreto Agosto e che, essendo ormai trascorsa la data del 17 agosto 2020, le procedure avviate in data successiva ai sensi dell’art. 47 della L. 428/1990 devono sottostare nuovamente alle tempistiche ordinarie previste dalla normativa in questione.