Secondo il Garante della privacy, le misure approntate dal Ministero della Pubblica amministrazione per contrastare il fenomeno dell’assenteismo, consistenti nell’uso combinato di rilevazioni biometriche, quali le impronte digitali, e sistemi di videosorveglianza sono «di dubbia compatibilità» con le regole della privacy europea e nazionale.
Il cd. Decreto Concretezza (L. n. 56/2019), a cui si devono le nuove misure contro i “furbetti del cartellino”, introduce difatti come obbligatorie le rilevazioni biometriche per controllare il rispetto dell’orario di lavoro da parte dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, con l’esclusione di magistrati, avvocati dello Stato, personale militare e di Polizia, personale della carriera diplomatica e prefettizia. La relativa disciplina attuativa è stata poi demandata ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e, proprio in virtù di tale delega, la Presidenza del Consiglio ha ritenuto di sottoporre all’esame del Garante per la privacy proprio la recente normativa, affinché l’autorità di controllo fornisca il proprio parere in ordine al rispetto della disciplina in materia di protezione dei dati personali.
A tale proposito, il Garante, con proprio provvedimento del 19.09.2019, ha manifestato le proprie perplessità relativamente all’obbligo di utilizzare contestualmente due diversi sistemi – cioè la raccolta dei dati biometrici e la videosorveglianza – per la verifica del rispetto dell’orario di lavoro: la previsione di un duplice strumento di controllo contrasterebbe difatti con il principio di proporzionalità e di necessità del trattamento rispetto alle sue finalità. Il Garante sottolinea, inoltre, “l’ultroneità” dei sistemi di videosorveglianza, i quali “non sono strumenti idonei, di per sé, ad assolvere alla specifica finalità di rilevazione e di computo dell’orario di lavoro”.
In secondo luogo, vi sarebbe altresì una violazione di detti principi relativamente all’obbligo indiscriminato di installare entrambi gli strumenti in ogni pubblica amministrazione, senza che il ricorso ad essi sia previsto solo in via eccezionale qualora l’uso di misure meno invasive sia inidoneo al raggiungimento della finalità di controllo. Difatti “l’astratta, generalizzata e indifferenziata presunzione di sussistenza, per tutte le amministrazioni pubbliche, di fattori di rischio tali da far ritenere quello biometrico l’unico sistema in grado di assicurare il rispetto dell’orario di lavoro non appare compatibile – scrive il Garante nel parere – con il principio di proporzionalità”.
Ferma restando l’esigenza di modificare tali aspetti della L. n. 56/2019 – le cui perplessità si riflettono, inevitabilmente, anche sulle sue norme attuative – il Garante della privacy evidenzia in ogni caso nel proprio provvedimento alcune misure volte a minimizzare l’impatto dei sistemi di rilevazione previsti sulla protezione dei dati degli interessati, che potranno essere anche tenute in considerazione, nella loro valenza generale, in sede di eventuale stesura del nuovo testo legislativo e, comunque, ai fini della redazione del regolamento di attuazione.
Di seguito il link alla fonte:
https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9147290