Il tema degli atti di amministrazione che possono essere compiuti successivamente al deposito di una domanda di concordato preventivo con riserva di presentare la proposta e il piano, ai sensi dell’art. 161, comma 6, l. fall. – la domanda c.d. in bianco –, suscita notevole interesse tra gli operatori del settore, sia per i possibili riflessi degli stessi sulla prosecuzione della procedura concorsuale che per il trattamento dei crediti che sorgono da tali operazioni in ipotesi di successivo fallimento dell’impresa.
A tal fine, occorre ricordare che l’imprenditore che deposita una domanda di concordato ai sensi dell’art. 161, comma 6, l. fall. può compiere solamente atti di ordinaria amministrazione ovvero gli atti (urgenti) di straordinaria amministrazione che sono specificamente autorizzati dal tribunale, sentito il parere del commissario giudiziale.
Ebbene, recentemente la Corte di cassazione, con la sentenza n. 14713, pubblicata il 29 maggio 2019, nel confermare che i crediti sorti in ragione del compimento di atti amministrativi – purché legittimi – risultino prededucibili per effetto di una «specifica disposizione di legge» – si fa riferimento all’art. 161, comma 7, l. fall. –, ha precisato quali siano i criteri da utilizzare per la corretta qualificazione dell’atto, al fine di comprendere se quest’ultimo necessiti o meno di autorizzazione del tribunale.
Secondo il Giudice di legittimità, che ha confermato (sotto questo profilo) un orientamento ormai consolidato, il parametro essenziale per distinguere l’atto di ordinaria amministrazione da quello di straordinaria amministrazione è la conseguenza che lo stesso provoca sul patrimonio dell’impresa.
Precisamente, tutti gli atti di “comune gestione” e quelli che – ancorché comportanti una spesa – migliorino o siano funzionali a conservare il patrimonio dell’impresa sono qualificabili di ordinaria amministrazione; al contrario, ricadono nei confini della straordinarietà gli atti che riducano il patrimonio o lo gravino di pesi o vincoli cui non corrispondano acquisizioni di utilità.
In tale valutazione, non assume un peso particolare la rilevanza economica dell’atto, atteso che la legge rimette al tribunale la facoltà di determinare un limite di valore al di sotto del quale non è necessario domandare al tribunale l’autorizzazione richiesta dall’art. 161, comma 7, l. fall.
La Cassazione, peraltro, innovando rispetto al passato, ha osservato che il giudizio sull’ordinarietà dell’atto non può prescindere dal considerare la natura – con continuità aziendale ovvero liquidatoria – del concordato preventivo e la coerenza dell’operazione con la situazione dell’impresa: un atto che potrebbe essere valutato di ordinaria amministrazione nell’ipotesi di continuità potrebbe essere qualificato di straordinaria amministrazione laddove la procedura sia liquidatoria.
A tal fine, la Suprema Corte ha ribadito che, per apprezzare correttamente la legittimità dell’atto compiuto, la prospettiva del concordato non possa mai essere «completamente “in bianco”», essendo necessaria, sin dal momento del deposito della domanda una (seppur minima) discovery sulla proposta che si intenda presentare nei termini concessi dal tribunale.