Dove eravamo rimasti?
Il Decreto Cura Italia si colloca a valle di una serie di interventi normativi emergenziali, tra cui il decreto legge n. 9 del 2 marzo 2020, che aveva già previsto la possibilità di fruire del trattamento della cassa integrazione guadagni e, in particolare:
-della cassa integrazione ordinaria per le aziende che avessero unità produttive all’interno della cd. “zona rossa” (definita dall’elenco dei comuni della Lombardia e del Veneto di cui all’allegato 1 del DPCM 1 marzo 2020), oppure che avessero dipendenti ivi residenti o domiciliati e impossibilitati quindi a rendere la propria prestazione lavorativa, anche se impiegati in unità produttive al di fuori della zona rossa;
-della cassa integrazione in deroga (straordinaria), “limitatamente ai lavoratori in forza … per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni in materia di sospensione o riduzione di orario”, distinguendo poi ulteriormente la disciplina applicabile alla zona rossa (art. 15) da quella applicabile ai datori di lavoro con unità produttive in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, limitatamente ai lavoratori ivi residenti o domiciliati (art. 17).
Tale prima misura si inseriva in un contesto in cui, a partire da domenica 23 febbraio 2020, il susseguirsi di provvedimenti delle Regioni coinvolte dall’emergenza COVID-19 e del Governo Centrale aveva determinato:
-la sospensione obbligatoria dell’attività delle aziende all’interno nei comuni della zona rossa e per i lavoratori ivi residenti e, in generale, in tutti i casi in cui lo imponessero le prescrizioni della pubblica autorità, (si pensi, a titolo esemplificativo, alla chiusura generalizzata su tutto il territorio della regione Lombardia delle scuole di ogni ordine e grado, piuttosto che dei musei, dei cinema, delle palestre e degli impianti sportivi in genere);
-la sospensione volontaria, in via prudenziale, di una parte o dell’intera attività di aziende che, pur non essendo direttamente obbligate, hanno ritenuto di limitare al minimo indispensabile l’accesso ai locali e agli uffici aziendali e, in generale, la prestazione lavorativa dei propri dipendenti.
In generale, tuttavia, la temporanea chiusura dell’azienda o l’impossibilità di ricevere la prestazione di alcuni lavoratori, solo quando siano imposte dai provvedimenti della pubblica autorità possono configurare delle sospensioni del rapporto non imputabili al datore di lavoro, e non prevedibili né evitabili da quest’ultimo, potenzialmente idonee – come tali – ad esonerare il medesimo datore dall’obbligazione retributiva e contributiva.
In tale contesto, per tamponare la situazione di emergenza ed evitare il più possibile di lasciare i dipendenti senza copertura, si è cercato di utilizzare in prima battuta il monte di ferie e permessi arretrati e non goduti. Chi ha potuto, inoltre, si è attivato per fare ricorso agli strumenti già previsti dalla legge (e, in particolare, dal Decreto Legislativo n. 148/2015): la cassa integrazione ordinaria o, in alternativa, i Fondi di Solidarietà e il Fondo di Integrazione Salariale.
Cosa cambia con il decreto Cura Italia?
Di seguito verranno evidenziate alcune delle principali misure di sostegno previste dal decreto Cura Italia, segnalando sin d’ora che lo stesso dovrà essere convertito in legge e – in tale sede – potrà essere oggetto di modifiche.
(1) le nuove disposizioni in materia di ammortizzatori sociali
Le misure messe in campo sono le seguenti:
-le aziende ammesse per legge alla cassa integrazione ordinaria, che abbiano sospeso o ridotto l’attività per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, possono ottenere dall’INPS il relativo trattamento di integrazione salariale (art. 19);
-analogamente, le aziende non ammesse alla cassa integrazione guadagni ordinaria, che abbiano più di 5 dipendenti e che siano iscritte al Fondo di Integrazione Salariale dell’INPS (cd. FIS) o ad altri Fondi di Solidarietà, possono ottenere l’erogazione dell’assegno ordinario per la medesima causale (art. 19);
-infine, le aziende per cui non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni in materia di sospensione o riduzione di orario, comprese quelle previste ai punti precedenti, possono accedere alla cassa integrazione guadagni in deroga, cumulabile con i trattamenti attivati in forza degli artt. 15 e 17 del D.L. 9/2020 (art. 22).
L’importo garantito dal trattamento di integrazione salariale è pari all’80% della retribuzione di riferimento, nel limite dei massimali previsti per legge, ed il periodo coperto decorre dal 23 febbraio 2020 per una durata massima di 9 settimane, e comunque entro il mese di agosto 2020.
L’erogazione del trattamento è garantita nel limite delle coperture finanziarie stanziate e, nel caso della cassa in deroga, secondo l’ordine di presentazione delle relative domande.
Per quanto riguarda la procedura da seguire:
-alla richiesta di erogazione del trattamento di cassa integrazione ordinaria e dell’assegno ordinario da parte del FIS, si applica una procedura sindacale preventiva da avviare con una comunicazione (obbligatoria) ai sindacati individuati dalla legge, cui può seguire una successiva fase di consultazione ed esame congiunto (facoltativa, e che può svolgersi anche in via telematica). Il tutto deve comunque esaurirsi entro i 3 giorni successivi all’invio della comunicazione preventiva e poi si può procedere con la domanda all’INPS. Non è necessario alcun accordo e, in mancanza di richiesta di esame congiunto, è sufficiente che siano trascorsi 3 giorni dall’invio della comunicazione ai sindacati.
-quanto alla cassa in deroga, il decreto prevede un obbligo preventivo di accordo con i sindacati, dal quale sono esentati solo i datori di lavoro fino a 5 dipendenti. A queste ultime si applicherà verosimilmente la procedura prevista dalla normativa generale di riferimento (d.lgs. 148/2015), che prevede un obbligo di comunicazione preventiva ai sindacati ed entro i 3 giorni successivi la richiesta di una delle parti dell’avvio della consultazione e dell’esame congiunto, altrimenti la fase sindacale del procedimento si intende esaurita e si può procedere con la domanda all’INPS. In caso di richiesta di esame congiunto, l’intera procedura deve comunque terminare entro i 25 giorni successivi a quello in cui è stata avanzata la richiesta medesima, ridotti a 10 per le imprese che occupano fino a 50 dipendenti
Per quanto riguarda le aziende con più di 5 dipendenti, l’unica certezza è la necessità dell’accordo e, ad oggi, la sola indicazione operativa (con riferimento però alla cassa in deroga di cui all’art . 17 del D.L. 9/2020) proviene dall’Emilia Romagna: in quel caso è stato predisposto un accordo sindacale standard che può essere sottoscritto presso gli uffici dell’assessorato regionale del lavoro. È verosimile che anche per la nuova cassa in deroga possa essere seguito un analogo iter, ma allo stato non sono state ancora fornite indicazioni sul punto.
(2) Il divieto di licenziamento
(art. 46) A partire dal 17 marzo 2020 e per i successivi 60 giorni al datore di lavoro è vietato effettuare licenziamenti collettivi e licenziamenti individuali determinati da ragioni di natura economico – organizzativa. Nel medesimo periodo sono anche sospese le procedure di licenziamento collettivo pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020.
Resta ferma la facoltà di licenziare per ragioni di natura disciplinare o per altre causali specifiche (ad esempio, per superamento del periodo di comporto o per mancato superamento del periodo di prova), nonché – dal tenore letterale della norma – sembrerebbe consentito anche il licenziamento individuale dei dirigenti per ragioni di natura economica – organizzativa.
(3) Le altre misure a sostegno del lavoro
(art. 23) Per i dipendenti con figli di età fino a 12 anni è previsto il diritto di godere su richiesta di un periodo di congedo, anche frazionato, non superiore a 15 giorni e coperto dall’INPS con un’indennità pari al 50% della retribuzione. In alternativa, i genitori possono ricevere un bonus di 600 euro per la fruizione di servizi di baby-sitting. Per i figli tra i 12 ai 16 anni è previsto un periodo di congedo di uguale durata, senza copertura indennitaria e senza diritto alternativo al bonus baby-sitting. Per i figli con disabilità grave accertata non valgono i limiti di età.
(art. 24) È previsto un incremento dei permessi ai sensi della L. 104/1992 nella misura complessiva di ulteriori 12 giorni fruibili nei mesi di marzo e aprile 2020.
(art. 26) I dipendenti per cui risultino confermati contatti stretti con persone contagiate da COVID-19 (ad esempio, nel caso di contagio di uno stretto congiunto) devono rimanere a casa in regime di quarantena con sorveglianza attiva. La quarantena deve considerarsi equiparata alla malattia dal punto di vista del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento, ma il relativo periodo non è computabile ai fini del periodo di comporto.