Alcune delle principali novità introdotte dal Decreto Fiscale 2019 ex Legge n. 136/2018
Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 293 del 18 dicembre 2018 della Legge n. 136/2018, di conversione del D.L. 119/2018, sono diventate definitive – con decorrenza dal giorno 19 dicembre – tutte le novità che sono state inserite durante il percorso di conversione della legge, di cui commentiamo quelle relative all’interpello sui nuovi investimenti, al reverse charge, all’imposta sui trasferimenti denari all’estero, alla fatturazione elettronica, alla definizione agevolata delle controversie tributarie e alle nuove disposizioni sulla giustizia tributaria digitale: questi i temi trattati dalla circolare.
- Modifica della soglia per la presentazione degli interpelli su nuovi investimenti
Una delle novità introdotte dalla Legge n. 136/2018 di conversione del D.L. 119/2018 consiste nell’abbattimento della soglia per la presentazione delle istanze di interpello da parte delle imprese che vogliono investire in Italia e che, sulla base del proprio piano di investimento, desiderano conoscere il trattamento fiscale a cui saranno sottoposte. Tale possibilità è stata introdotta dall’art. 2 del D.Lgs 147/2015 (cd. decreto internazionalizzazione) ed è rivolta ad imprese, italiane o estere, che desiderano effettuare importanti investimenti in Italia. La soglia stabilita dal decreto fu fissata a 30 milioni di euro; con la conversione del Dl 119/2018, in premessa all’art. 1, tale soglia è stata ridotta ad investimenti con soglia minima di 20 milioni di euro. Quest’ultima soglia vale per le istanze di interpello che saranno presentate all’Agenzia delle Entrate a partire dal 1° gennaio 2019. L’Agenzia delle Entrate è tenuta a fornire risposta all’interpello presentato entro 120 giorni ” (prorogabili, se necessaria documentazione integrativa, di ulteriori 90 giorni) e vincola la stessa Agenzia, in relazione al piano di investimento descritto nell’istanza, nei confronti di tutti i soggetti coinvolti nell’investimento, senza possibilità di rettifica in autotutela, restando valida fino a che sono invariate le circostanze di fatto e di diritto sulla cui base è stata resa (o desunta in caso di silenzio-assenso). Qualsiasi organo chiamato a esercitare attività di accertamento sugli investitori coinvolti è tenuto, prima di redigere atti di contestazione o altri atti a contenuto impositivo o sanzionatorio, a interpellare l’Ufficio che ha redatto la risposta, per verificare se l’accertamento in corso riguardi la stessa fattispecie già risolta in sede di interpello sui nuovi investimenti.”
L’Agenzia delle Entrate può trovarsi nella condizione di non poter formulare un parere e di dichiarare l’inammissibilità dell’investimento se:
- l’istanza è totalmente priva dei dati identificativi degli investitori e delle imprese coinvolti nel business plan, nonché della descrizione del piano d’investimenti cui si riferisce l’istanza, ove tali elementi non siano regolarizzati entro 30 giorni dall’invito dell’Ufficio competente;
- l’istanza non è presentata preventivamente, cioè prima della scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione o per l’assolvimento di altri obblighi tributari aventi ad oggetto o comunque connessi alle questioni rappresentate nell’istanza;
- l’istanza reitera le medesime questioni sulle quali il contribuente ha già ottenuto un parere (salvo che vengano indicati elementi di fatto o di diritto nuovi) oppure non ricorrono obiettive condizioni di incertezza (a meno che l’istanza non investa il complessivo trattamento fiscale di uno specifico business plan);
- l’istanza verte su materie oggetto delle speciali procedure di accordo preventivo ai sensi dell’articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, fatta eccezione, sia ai fini delle imposte dirette che dell’IVA, per la preventiva configurabilità di un’azienda qualificabile come stabile organizzazione;
- l’istanza verte su questioni per le quali siano state già avviate attività di controllo alla data di presentazione dell’istanza di cui il contribuente sia formalmente a conoscenza.
- Reverse charge prorogato al 30 giugno 2022 per cellulari, console da gioco e tablet
L’art. 2, comma 2-bis della Legge 136/2018 ha recepito la Direttiva Comunitaria 2018/1695 che ha stabilito di prolungare sino al 30 giugno 2022 la possibilità per gli Stati membri di applicare il meccanismo dell’ inversione contabile per contrastare le frodi IVA su determinati beni e servizi, di cui all’art. 199bis della Direttiva 2006/112/UE.
Il Legislatore Italiano stabilì, infatti, di applicare l’art.199bis della citata Direttiva, introducendo temporaneamente il reverse charge fino al 31 dicembre 2018, sulle seguenti operazioni:
- cessioni di apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre (telefoni cellulari);
- cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop, nonché alle cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale;
- trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra;
- trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla citata direttiva 2003/87/CE e di certificati relativi al gas e all’energia elettrica;
- cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo-rivenditore ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 3, lettera a).
Sulle cessioni/trasferimenti sopra elencati, la Legge di conversione del Dl fiscale 119/2018, anche alla luce dei risultati prodotti in materia di lotta all’evasione, ha dunque stabilito il prolungamento di applicazione del meccanismo del reverse charge, differendo il termine previgente fissato al 31 dicembre 2018, al 30 giugno 2022, in sintonia con quanto stabilito dal Consiglio UE.
- Imposta sui trasferimenti di denaro all’estero
L’art. 25-novies della Legge 136/2018 ha stabilito che, a decorrere dal 1° gennaio 2019 è istituita un’imposta sui trasferimenti di denaro, con esclusione delle transazioni commerciali, effettuati verso paesi non appartenenti all’Unione Europea, da istituti di pagamento che offrono il servizio di rimessa di somme di denaro, quali i money transfer, secondo la definizione fornita dal D.Lgs 11/2010 ( per “rimessa di denaro” s‘ intende il ” servizio di pagamento dove, senza l’apertura di conti di pagamento a nome del pagatore o del beneficiario, il prestatore di servizi di pagamento riceve i fondi dal pagatore con l’unico scopo di trasferire un ammontare corrispondente al beneficiario o a un altro prestatore di servizi di pagamento che agisce per conto del beneficiario, e/o dove tali fondi sono ricevuti per conto del beneficiario e messi a sua disposizione” ).
L’imposta sarà dovuta nella misura dell’1,5% del valore di ogni singola operazione effettuata, a partire da un importo minimo di 10 euro.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, d’intesa con l’Agenzia delle Entrate e sentita la Banca d’Italia, dovrà emanare un apposito provvedimento entro 60 giorni dalla data odierna (data di entrata in vigore della Legge 136/2018), per determinare le modalità di riscossione e di versamento dell’imposta.
Il comma 3 del citato articolo specifica che “nel pieno rispetto delle vigenti normative antiriciclaggio, i trasferimenti di denaro, ad esclusione delle transazioni commerciali, effettuati verso Paesi non appartenenti all’Unione Europea sono perfezionati esclusivamente su canali di operatori finanziari che consentono la piena tracciabilità dei flussi” .
- Fatturazione elettronica: ampliata la platea dei soggetti esclusi e moratoria delle sanzioni fino a settembre
Con la conversione in legge del D.L. 23/10/2018 n. 119 viene ampliato il novero dei soggetti esclusi dall’obbligo di fatturazione elettronica. L’articolo 10 del D.L. 119/2018, scaturito dall’iter parlamentare di conversione, prevede l’esonero dall’obbligo della fattura elettronica per le associazioni sportive dilettantistiche che applicano il regime forfettario di cui alla Legge 398/1991, che nel periodo d’imposta precedente hanno conseguito dall’esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a 65.000 euro.
Tali soggetti, se nel periodo d’imposta precedente hanno invece conseguito dall’esercizio di attività commerciali proventi per un importo superiore a 65.000 euro, devono assicurare che la fattura venga emessa per loro conto dal cessionario o committente soggetto passivo d’imposta. Infine, gli obblighi di fatturazione e registrazione relativi a contratti di sponsorizzazione e pubblicità in capo ai medesimi, nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, sono adempiuti dai cessionari. La norma non chiarisce alcuni aspetti rilevanti come, ad esempio, quali siano le responsabilità in capo al soggetto in regime di Legge 398/1991 con riferimento alle fatture emesse per suo conto dal proprio cliente.
Inoltre, per il periodo d’imposta 2019, i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata (articolo 3, commi 3 e 4, del D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175 e relativi decreti del Ministro dell’economia e delle finanze), sono esonerati dall’obbligo di fatturazione elettronica con riferimento alle fatture i cui dati vengono inviati al Sistema tessera sanitaria. In altri termini, medici, farmacisti, veterinari, etc., obbligati alla trasmissione dei dati sanitari utili ai fini della dichiarazione precompilata non saranno tenuti per il 2019 ad emettere fatture elettroniche per le operazioni già trasmesse (nuovo art. 10-bis del D.L. 119/2018); per converso, le operazioni non oggetto di trasmissione al Sistema tessera sanitaria, come ad esempio le prestazioni svolte dal medico per le visite aziendali, fatturate nei confronti della società committente, restano soggette a fatturazione elettronica.
Al fine di preservare i servizi di pubblica utilità, come ad esempio nell’ambito delle telecomunicazioni e della gestione dei rifiuti solidi urbani, è stato introdotto il nuovo art. 10-ter del D.L. 119/2018 che rimanda ad apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate la definizione delle regole tecniche per l’emissione delle fatture elettroniche tramite il Sistema di interscambio da parte dei soggetti passivi IVA che offrono tali servizi nei confronti delle persone fisiche che non operano nell’ambito di attività d’impresa, arte e professione. Tali regole tecniche varranno esclusivamente per le fatture elettroniche emesse nei confronti dei consumatori finali con i quali sono stati stipulati contratti prima del 1° gennaio 2005 e dei quali non è stato possibile identificare il codice fiscale anche a seguito dell’utilizzo dei servizi di verifica offerti dall’Agenzia delle entrate. In sostanza, il provvedimento a cui si rimanda cerca di risolvere un gap informativo dei fornitori di servizi di pubblica utilità che addebitano i corrispettivi mediante bolletta ai privati consumatori.
Sempre in tema di esoneri trova conferma l’esclusione dall’obbligo di fatturazione elettronica per i soggetti non residenti identificati ai fini IVA in Italia (art. 15, co. 1 del D.L. 119/2018, invariato): si ricorda che, in un primo momento dal tenore letterale dell’art. 1, co. 3, del D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 127, si pensava che anche i soggetti identificati in Italia rientrassero nell’obbligo di fatturazione elettronica. Con la Circolare n. 13/E del 2 luglio 2018, par. 1.2, l’Agenzia delle entrate ha posto un correttivo alle previsioni del legislatore, chiarendo che l’Italia è stata autorizzata ad introdurre la fatturazione elettronica obbligatoria solo tra soggetti passivi “stabiliti” sul territorio italiano. L’art. 15 del Decreto fiscale ha disposto, pertanto, l’eliminazione della parola “identificati” dall’art. 1, co. 3, del D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 127.
Sul versante delle sanzioni, invece, viene confermata la non applicabilità delle sanzioni per il primo semestre del periodo d’imposta 2019, se la fattura è emessa entro il termine di effettuazione della liquidazione periodica IVA; per intenderci, se il cedente incassa il corrispettivo in data 10 gennaio 2019 può emettere (ossia trasmettere la fattura elettronica al SdI) prima del 16 febbraio senza incorrere in sanzioni, a condizione che la relativa IVA a debito venga compresa nella liquidazione IVA di gennaio. Qualora la fattura venga emessa entro il termine di effettuazione della liquidazione IVA del periodo successivo (nel nostro esempio, prima del 16 marzo) saranno applicate le sanzioni con riduzione dell’80 per cento. In sede di conversione tale moratoria è stata estesa fino al 30 settembre 2019 per i contribuenti che effettuano la liquidazione periodica dell’imposta sul valore aggiunto con cadenza mensile.
Viene infine introdotto il nuovo comma 1-bis, all’art. 10 del D.L. 119/2018 secondo il quale “per il servizio di conservazione gratuito delle fatture elettroniche, reso disponibile agli operatori IVA dall’Agenzia delle entrate, il partner tecnologico Sogei S.p.a. non può avvalersi di soggetti terzi“.
- Introduzione nuovi commi alle disposizioni di giustizia tributaria
Durante il suo iter di conversione in legge, il decreto fiscale n. 119/2018 ha sopportato considerevoli interventi modificativi rispetto alla sua versione originaria. Con specifico riferimento alle disposizioni introdotte per disciplinare il processo tributario telematico, il cui avvio obbligatorio può dirsi oramai vicinissimo, è possibile dire che, tutto sommato, il contenuto dell’art. 16 sia rimasto sostanzialmente invariato rispetto alla sua precedente versione del 23 ottobre; tale articolo resta infatti riferito all’estensione della possibilità di trasmissione telematica delle comunicazioni e notificazioni inerenti il processo tributario. A questo articolo, però, sono stati aggiunti ulteriori 6 commi, che vanno dal 16 bis al 16 septies, alcuni dei quali riferiti allo scambio automatico di informazioni tra Agenzia delle entrate e Guardia di finanza, altri invece parlano di digitalizzazione delle piattaforme della giustizia amministrativa.
Più precisamente, l’articolo 16-bis interviene sulla digitalizzazione degli archivi e della piattaforma informativa e tecnologica dell’Amministrazione della giustizia, escludendo per tali fattispecie l’applicazione di determinati obiettivi di risparmio di spesa, mentre l’articolo 16-ter prevede che i servizi di natura informativa in favore di Equitalia giustizia Spa continuino ad essere forniti dalla società che gestisce il sistema informativo del Ministero dell’economia.
L’articolo 16 quater reca disposizioni sull’ archivio dei rapporti finanziari (termine di conservazione dei dati di dieci anni; accesso ai dati da parte della Guardia di finanzia, e, per determinate finalità, del dipartimento delle entrate), nello specifico tale articolo interviene a modificare l’art. 11 del decreto legge n. 201/2011, il quale prevede al comma 2 che gli operatori finanziari debbano comunicare periodicamente all’anagrafe tributaria le movimentazioni che hanno interessato i rapporti di cui all’articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, ed ogni informazione relativa ai predetti rapporti necessaria ai fini dei controlli fiscali, nonché l’importo delle operazioni finanziarie indicate nella predetta disposizione; a tal proposito, il nuovo art. 16 quater stabilisce che, al fine di contrastare l’evasione fiscale, il provvedimento con cui l’Agenzia delle entrate stabilisce le modalità della comunicazione di tali informazioni da parte degli operatori finanziari, previsto dal comma 3 dello stesso art. 11 del decreto legge n. 201/2011, dovrà individuare adeguate misure di sicurezza, di natura tecnica e organizzativa, per la trasmissione dei dati e per la relativa conservazione, conservazione che, anche in conformità con le nuove norme sui dati personali, non può superare i dieci anni e non più i termini massimi di decadenza previsti in materia di accertamento delle imposte sui redditi, come è nell’attuale versione e, prevede altresì, che le stesse informazioni potranno essere utilizzate, non più dall’Agenzia delle entrate, per l’elaborazione con procedure centralizzate, ma dalla Guardia di finanza per le medesime finalità, anche in coordinamento con l’Agenzia delle entrate, nonché dal Dipartimento delle finanze, ai fini delle valutazioni di impatto e della quantificazione e del monitoraggio dell’evasione fiscale, modificando così il comma 3 del medesimo art. 11. Sempre all’art. 11 comma 4-bis, l’art. 16 quater del decreto 119/2018, come definitivamente approvato, aggiunge che la relazione annuale che l’Agenzia delle entrate è tenuta a comunicare alle Camere, con cui l’Amministrazione finanziaria rende noti i risultati relativi all’emersione dell’evasione sulla base delle informazioni ottenute dagli operatori finanziari, contiene anche i risultati relativi all’attività svolta dalla Guardia di finanza, utilizzando le informazioni di cui al comma 4. A tal fine, i dati sono comunicati all’Agenzia delle entrate secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore della stessa Agenzia delle entrate e del Comandante generale della Guardia di finanza. Il nuovo art. 16-quinquies, introdotto nel decreto fiscale n. 119 in sede di conversione, regola l’attività ispettiva della Guardia di Finanza nei confronti dei soggetti di medie dimensioni non soggetti agli indici di affidabilità né a tutoraggio, sostituendo al comma 2 dell’articolo 24 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, il seguente testo: ” 2. Anche ai fini di cui al comma 1, nei confronti dei contribuenti non soggetti agli indici sintetici di affidabilità né a tutoraggio, l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza realizzano annualmente piani di intervento coordinati sulla base di analisi di rischio sviluppate mediante l’utilizzo delle banche dati nonché di elementi e circostanze emersi nell’esercizio degli ordinari poteri istruttori e d’indagine “.
In relazione allo scambio automatico di informazioni, viene introdotto l’art. 16-sexies, secondo cui l’Agenzia delle entrate fornisce, su richiesta, alla Guardia di finanza, per l’esecuzione delle attività di controllo tributario o per finalità di analisi del rischio di evasione fiscale, elementi e specifiche elaborazioni basate sulle informazioni ricevute ai sensi dell’articolo 1, commi 145 e 146, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, nonché su quelle ricevute nell’ambito dello scambio automatico di informazioni per finalità fiscali previsto dalla direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, e da accordi tra l’Italia e gli Stati esteri; per tali scopi, l’Agenzia delle entrate e il Corpo della guardia di finanza sono tenute a stipulare apposita convenzione per la definizione dei termini e delle modalità di comunicazione degli elementi e delle elaborazioni di cui al medesimo comma 1, in coerenza con le condizioni e i limiti che disciplinano la cooperazione amministrativa tra Stati nel settore fiscale.
Da ultimo, viene introdotto l’art. 16-septies che prevede disposizioni di semplificazione in materia di provvedimenti cautelari amministrativi per violazioni tributarie. Con il comma in commento, più precisamente, ne vengono inseriti due ulteriori al comma 1 dell’articolo 22 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 riferito ai casi in cui l’ente può richiedere l’iscrizione ad ipoteca dei beni del trasgressore e il sequestro conservativo quando, a seguito di notifica dell’atto di contestazione o del provvedimento di erogazione della sanzione, abbia fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito. A tal proposito, il nuovo comma 1-bis, introdotto dall’odierno art. 16 septies stabilisce che, al fine di rafforzare le misure poste a garanzia del credito erariale e a sostegno delle relative procedure di riscossione, le istanze di cui al comma 1 possono essere inoltrate dal comandante provinciale della Guardia di finanza, in relazione ai processi verbali di constatazione rilasciati dai reparti dipendenti, dando tempestiva comunicazione alla direzione provinciale dell’Agenzia delle entrate, che esamina l’istanza e comunica le proprie eventuali osservazioni al presidente della commissione tributaria provinciale, nonché al comandante provinciale richiedente. Decorso il termine di venti giorni dal ricevimento dell’istanza, il parere dell’Agenzia delle entrate conforme, si intende acquisito; mentre il comma 1-ter, decreta che, nei casi di cui al comma 1-bis, la Guardia di finanza fornisce all’Agenzia delle entrate ogni elemento richiesto ai fini dell’istruttoria e della partecipazione alla procedura. In caso di richiesta di chiarimenti, è interrotto, per una sola volta, il termine di cui al comma 1-bis.
- La definizione agevolata delle controversie tributarie
Con la conversione in legge del decreto fiscale n. 119, il Capo I della norma risulta oggi composto da ben 11 articoli, rispetto ai 9 della prima versione emanata il 23 ottobre 2018; esso è rubricato Disposizioni in materia di pacificazione fiscale. Anche l’art. 6, che fa parte del gruppo di articoli del Capo I, riferito alla definizione agevolata delle liti pendenti, ha subìto variazioni rispetto al contenuto presentato dallo stesso articolo in data 23 ottobre 2018. Sono infatti stati aggiunti alcuni commi assenti nella prima versione del testo.
Di seguito, il dettaglio di come si presenta il contenuto dell’articolo 6 nella nuova e definitiva versione approvata da Camera e Senato.
Il contenuto del comma 1 dell’art. 6 resta il medesimo e prevede la possibilità di definire in modo agevolato le controversie tributarie in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, mediante domanda del soggetto che ha avviato l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione ed il pagamento di un importo pari al valore della controversia calcolato secondo quanto stabilito dal comma 2 dell’articolo 12 del D.Lgs. n. 546 del 1992. In caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado, comma aggiunto nella versione odierna, la controversia può essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore della controversia.
Il comma 2 modificato rispetto alla precedente veste, prevede che, in caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata in vigore del decreto, le controversie potranno essere definite con il pagamento:
- del 40% del valore in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado (nella versione precedente era il 50%);
- del 15% del valore in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado (nella versione precedente era un quinto).
Oltre al presente comma due, vengono in sede di conversione, aggiunti due ulteriori commi, il 2bis e il 2ter, i quali rispettivamente stabiliscono che:
nel caso di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra il contribuente e l’Agenzia delle entrate, l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni è dovuto per intero relativamente alla parte di atto confermata dalla pronuncia giurisdizionale e in misura ridotta, secondo le disposizioni di cui al comma 2, per la parte di atto annullata (art. 6 comma 2 bis);
le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in commento, per le quali l’Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia (art. 6 comma 2 ter).
I restanti commi sostanzialmente restano invariati, tranne qualche piccola aggiunta.
Il comma 3 disciplina il pagamento in caso di controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate la tributo; in tal caso, il giudizio si chiude con il pagamento del 15% del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata in vigore del decreto in esame e con il pagamento del 40% negli altri casi. Nel caso in cui il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla definizione agevolata in commento, non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni.
Con il comma 4 si stabilisce che la definizione di cui all’art. 6 si applica alle controversie in cui il ricorso in primo grado sia stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore del decreto e in relazione alle quali il processo non sia stato definito alla data della presentazione della domanda di adesione.
Il comma 5 regola le controversie che restano escluse dalla definizione agevolata, mentre il comma 6 prevede che la definizione si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti o della prima rata entra il 31 maggio 2019. Nel caso in cui, gli importi dovuti superino 1.000 euro è ammesso il pagamento rateale in un massimo di 20 rate trimestrali; le scadenze per il versamento delle rate sono: 31 agosto, 30 novembre, 28 febbraio e 31 maggio di ciascun anno a partire dal 2019. Sulle rate successive alla prima, si applicano gli interessi legali calcolati dal 1° giugno 2019 fino alla data del versamento. Non è ammesso il pagamento tramite la compensazione di cui all’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997. Qualora non ci siano importi da versare la definizione si conclude con la sola presentazione della domanda.
Il comma 7 prevede che nel caso in cui le somme interessate dalle controversie fossero oggetto di definizione agevolata, la controversia si perfeziona con il versamento, entro il 7 dicembre 2018, delle somme definite ai sensi dell’articolo 3, comma 21 del decreto n. 119 (in materia di definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione).
Il comma 8 stabilisce che il contribuente esprima la sua intenzione di procedere alla definizione agevolata formalizzando, entro il 31 maggio 2019, per ciascuna autonoma controversia, una specifica domanda di definizione senza versare l’imposta di bollo; precisa inoltre che per ogni controversia dovrà essere effettuato un distinto versamento.
Invece i commi da 9 ad 11 forniscono chiarimenti rispetto a somme già versate, sospensione delle vertenze in atto e termini di impugnazione, precisando che eventuali somme già versate non saranno restituite.
Il comma 12 definisce come agire nel caso di rifiuto della definizione agevolata, obblighi di notificazione e regole riferite all’impugnazione.
Il comma 13 dispone l’estinzione del processo nel caso in cui vi sia mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2020 dalla parte interessata, precisando che le spese del giudizio estinto restino a carico della parte che le ha anticipate.
Nel caso in cui la definizione viene perfezionata da parte del coobbligato, la stessa si ripercuote favorevolmente su tutte le parti (comma 14).
Con il comma 15 si demanda al Direttore dell’Agenzia delle entrate il compito di definire le modalità di attuazione dell’articolo 6 in commento, mentre il comma 16 concede la facoltà, a ciascun ente territoriale, di fissare, entro il 31 marzo 2019, come applicare nel concreto le disposizioni previste dal medesimo articolo 6 in relazione alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui il medesimo ente o un suo ente strumentale è parte. Anche la specifica riferita all’ente strumentale è stata un’aggiunta prevista in sede di conversione in legge del decreto n. 119.